Non sarà un articolo che loderà Cesare Cremonini, le sue doti più o meno artistiche, corredato di urletti di compiacimento ai quali vi ha abituato Adelia.
Avevo in mente un pezzo oggettivo, a tratti critico, con l’idea di dedicare i miei urletti solo per Ballo, il bassista, “il più bello dei Lunapop”. cit. Anna Maniconi, Prealpina di fine anni ’90, articolo dedicato ai Lunapop, ospiti del palazzetto di Varese.
Con quella “i” finale che ancora non perdono al giornalista che arrivò ad intervistare noi ragazzine in attesa del primo concerto in assoluto della vita. Sul palco la boy band italiana, che è stata fenomeno musicale e di costume di quegli anni leggeri, come il vento tra i capelli a bordo di un motorino (sempre in due) tra le strade del varesotto, che nulla hanno a che vedere con i colli bolognesi.
Quando di fronte hai la band che è stata la colonna sonora del tuo primo amore, quello che prendevi per mano sotto banco, per il quale avevi smesso di studiare tutta la storia dell’età romana, dalla fondazione di Roma all’età imperiale, ogni tipo di commento dettato dalla logica vola via, come le farfalle che abitavano nel tuo stomaco nel 1999.
Entra in scena Cremonini, l’Imperatore Cesare originario però di Bologna, con una prima giacca sbrilluccicante. Che se fosse comparso su quei libri di storia, ah come avrei alzato la mia media! (rido)
L’attacco è con Ragazza del futuro, brano tratto dall’omonimo album, che ha un flavour acquariano, che solo chi ne capisce di astrologia sa di cosa sto parlando. Lui su un cestello rotante, come quelli utilizzati per potare le cime degli alberi monumentali, ci sovrasta e cerca il contatto con tutto il suo pubblico, che lui stesso dice di riuscire a vedere nella sua totalità.
La “stella ubriaca” Adelia, abbagliata, sostiene di averla guardata negli occhi. Io più scettica cerco di capire se riuscirò mai a togliere dai capelli i confetti sparati durante la sua panoramica sul braccio meccanico. Ma nel frattempo ballo e non mi fermo come ci suggerisce. In fondo io mi sento una ragazza del futuro, anche se molto ancorata al suo passato. Lo guardo sfilare disinvolto sulla passerella. Da Cesare, l’imperatore a modello di Versace è un attimo. E che disinvoltura!
Si procede veloci: PadreMadre, Il Comico (sai che risate), alcune le canto ma non so il titolo. E poi La nuova stella di Brodway, di sicuro il pezzo più cantato da tutto il pubblico. Luci blu, come in un american bar di New York. Cesare danza con l’asta del microfono, come se stesse facendo un passo a due sinuoso con una ballerina immaginaria sul palco di un teatro. E a rovinare la poesia del momento – perché si sa io il romanticismo non so cosa sia – gli urlo che vorrei essere quell’asta del microfono. Brava Manicone! (rido)
Il tasso di erotismo aumenta con Chimica, le luci da blu diventano fucsia. Tipo quei night con le luci a neon che si trovano ancora in certe zone di confine con la Svizzera.
E poi cosa è successo? Salto nel passato. Partono le prime note di Qualcosa di grande solo chitarra e voce. Mi accovaccio a terra e inizio a piangere. Di colpo è il 1999, è la quarta ora, tra un’ora si esce da scuola. Cordon bleau a pranzo, puntata dei Simpson e si studia fino alle 18:00, i primi sms mandati con il telefono di mio padre di nascosto, perché il mio credito era sempre a zero.
Si ritorna ad oggi. I delfini e la luna gonfiabili volteggiano nell’aria grazie ad alcuni droni, un violinista, le luci rosse, Cremonini al piano, il suo primo amore. E poi ancora un tuffo nel passato con Vorrei, la prima canzone che ha scritto da ragazzino, forse la canzone d’amore più bella (dopo ovviamente quelle di Max Pezzali – rido).
E poi ancora un salto nel futuro. Perché quando dice “vivo attraverso gli occhi tuoi” sta evidentemente parlando dei visori di realtà aumentata (rido).
Visual psichedelici e con Mondo, l’atmosfera si fa più simile ad un club di Berlino. I loop, i mantra, le distorsioni di Subsonica memoria. Ballo ha tolto la camicia, il fisico palestrato è già scoppiato a qualche mese dal matrimonio. Ed il basso è tenuto più in alto per coprire i rotolini. Come Flea dei RHCP però dal viso più pulito.
Su Logico il mio pensiero irrazionale va alle giacchette di paillettes e a questo quesito: “come faranno a lavarle tutte le sere? A secco?”. La stanchezza si fa sentire (nelle mie gambe) ma non nei quadricipiti di Cesare, che zampetta, si diverte, inventa coreografie e passetti. Attacca GreyGoose e su “Domani lavoro”, mi ricordo che è il 2022 e che effettivamente io domani lavoro. Chissà in che condizioni entrerò in coworking? Magari zampettando come lui mentre canta “Angeliiiiinaaaa”?
Qualche problema con il cavo della chitarra ma passato inosservato perché tutti erano imbambolati da un reticolo di raggi blu che creano un’installazione stile Dan Flavin al Guggenheim e si vola su Una come te, il brano dedicato a Malika Ayane. “Una come te, un gatto sopra il letto e un uomo nudo ad aspettare”. Che tutte le volte Adelia si chiede “quanto vorrei essere al posto del gatto” (rido).
E poi ancora i delfini fluttuanti, Cesare sul cestello. Salto temporale all’indietro con il duetto virtuale dal passato con Lucio Dalla. Un momento alto, pesante e denso di commozione. E poi di nuovo con le ali sotto i piedi in sella alla vespa truccata con 50 Special, la leggerezza, la chitarra elettrica, noi groupies. Gli urletti, i saltelli e la Marmellata #25.
Siamo in dirittura d’arrivo: Poetica, stelle filanti, Cesare che amoreggia con il microfono.
E cosa mi aspetto dal domani? Domani, sarà un giorno migliore? Caro Cesare, tu mi hai insegnato tanto sull’amore. Ma no, non sarà un giorno migliore. Domani, cazzo, lavoro.
(rido)