Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia Diodato.

Questo è un esercizio di scrittura dopo tanto silenzio e dopo uno stop durato un autunno, durante il quale non so bene cosa sia successo, nemmeno dal punto di vista musicale.

È un po’ di tempo che le mie mani non battono sulla tastiera e non scrivono di musica. È un po’ di tempo che le mie mani non battono alla fine di un concerto, di un bel concerto. Di quelli che ti rimangono dentro e fai fatica a dimenticare. Ne cito alcuni per rinfrescarmi la memoria: 65daysofstatic a Liverpool completamente free in una sorta di edificio sconsacrato; i Sigur Ròs in religioso silenzio al parco di Monza; i Mogwai (o meglio i primi 3 brani perché di concerto non si può parlare) sotto la tempesta a Villa Arconati; Dardust al Blue Note; Calcutta al terzo anello del Forum d’Assago per il mio compleanno o Motta al Foce di Lugano prima del matrimonio con Carolina Crescentini.

Quale occasione migliore, allora, se non queste ultime ore di vacanza prima del grande rientro in ufficio per scrivere due battute su un artista conosciuto quasi esclusivamente per essere stato il compagno di Levante? La relazione tra i due non è stata nemmeno resa pubblica, che già lui aveva pubblicato Non ti amo più, con la stessa leggerezza con la quale lei cantava ” […] stronzo, tanti auguri ma non ti conosco” e ” […] che vita di merda” in Alfonso. 

Tutt’altro che “di merda” la vita di Diodato, cantautore in radio in queste settimane con Che vita meravigliosa, brano che chiude La Dea Fortuna, un capolavoro del regista Ferzan Özpetek, che Adelia mi fa notare essere nato ad Istanbul, città che abbiamo scelto per celebrare questo inizio di nuovo anno.

Il film vede protagonisti Stefano Accorsi, Edoardo Leo e Jasmine Trinca e tra un pugno allo stomaco e una battuta leggera, riflette sull’equilibrio apparentemente precario di una coppia omosessuale che si ritrova ad “adottare temporaneamente” i figli di un’amica comune, malata ed in attesa di un responso medico. L’esperienza della “paternità” della coppia viene vissuta in modo corale in una sorta di famiglia allargata, colorata e multietnica come solo Özpetek sa fare.

Per il brano, uscito lo scorso 29 Novembre, non trovo altre parole se non queste: un inno che nelle migliori intenzioni vuole essere un elogio alla vita, ma che nasconde qualche nota di dolore che lo rende inevitabilmente amaro. Una lagna ben riuscita, un’iniezione di infelicità.

Non di certo di buon auspicio per questo 2020, che vorremmo sia scoppiettante, spumeggiante, frizzantino.

Buon anno e buon rientro a tutti per domani. Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia Diodato. “Ah, che vita meravigliosa!”.

Anna.

 

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