In un momento storico in cui viviamo immersi nei social network e non riusciamo più a distinguere la realtà dalla finzione, in cui una foto pubblicata è sicuramente falsa perché “dai, non può essere Salvini ad essersi messo in posa per fare un selfie. Sarà stato il telefono che ha preso vita e si è messo in posa per scattarsi una foto con il suo idolo politico“; in cui per fortuna esiste Ah ma non è Lercio a ricordarci quanto assurda possa essere la realtà, quanto notizie vere possano apparire talmente strane che “dai, non può essere vero“. In un’epoca in cui le fake news alla Lercio.it facciano più like di Salvini, perché non istigano all’odio razzista ma strappano semplicemente un sorriso attraverso l’estremizzazione di una notizia reale, che diventa talmente assurda, da rivelarsi drammaticamente vera.
Insomma, il linea con il trend del web non vogliamo essere da meno. E ce ne infischiamo dei buoni propositi espressi da Brunori in Secondo me, nella quale dice “e in fondo dai, parliamo sempre di Salvini, di immigrati e clandestini, ma in un campo rifugiati, a noi non ci hanno visto mai“. Dario, perdonaci. Non avremmo mai voluto parlare di Salvini, eppure è stato più forte di noi. Ci siamo piegate alla triste realtà in cui siamo costrette a vivere.
Sull’ondata di bufale al di sopra delle righe che si rivelano più vere della verità stessa, ci mettiamo in coda anche noi. Come sul tratto più trafficato all’altezza di Bologna nel giorno di bollino nero e dei grandi rientri dalle vacanze. Quello su cui Studio Aperto ci fa un’intera edizione durante l’ultima domenica d’agosto. Che poi uno si chiede perché mio padre aveva l’ansia di ripartire di notte, costringendo me e mia madre ad alzarci alle 2 del mattino perché “all’ora x dobbiamo aver già oltrepassato Bologna. Perché altrimenti è la fine”. Non so cosa intendesse con quella parola. Ma l’immaginazione a 10 anni è fervida e nella mia testa prendevano forma scenari apocalittici in cui saremmo morti di stenti in un autogrill romagnolo, nella corsia dei prodotti tipici locali, preso da assalto da tutti i turisti italiani in viaggio in auto.
Tornando alle notizie false, ieri sera davanti ad un cocktail che si chiamava “Sto Cazzo” (sorvoliamo sul nome) abbiamo ricordato quando era uscita la notizia della morte di Ballo, Nicola Balestri, bassista storico dei Lunapop. E a dimostrazione della portata della notizia (che poi si è rivelata una bufala) c’è Google, che mostra tra i primi risultati “Ballo Lunapop morto” non appena inizi a digitare “Ballo Lunapop”. E che mi era venuto un coccolone perché l’8 settembre del 2000 ero andata al Palazzetto di Varese a vedere il concerto solo per lui. Di Cremonini non mi importava nulla.
Ecco il perché del titolo schock del nostro post. Nel mondo paradossale in cui siamo costrette a vivere, abbiamo fatto morire il musicista una seconda volta. Oggi fortunatamente Ballo è vivo e non ha più i dread. Un po’ come quando si dice che “se sogni una persona morire gli allunghi la vita” (mi pare l’abbia scritto Salvini in un tweet), ci auguriamo che con questa fake news possa proseguire la sua carriera di musicista per molti anni ancora.
(Ballo, per sicurezza, toccati).
Anna